dopo il periodo di “lockdown” come aiutare chi ha perso il lavoro o non l’ha?
Gli effetti dell’epidemia COVID-19 sono sotto gli occhi di tutti, soprattutto le attività commerciali, i piccoli negozi, le attività basate sul turismo e anche chi viveva di elemosine o lavori in nero si trova in gravi difficoltà. Certo non si muore di fame, fortunatamente in molte città esiste una robusta rete di solidarietà grazie soprattutto alle Opere della Chiesa cattolica che assicura i pasti quotidiani a migliaia di persone, ma non può risolvere il problema della disoccupazione.
Il Governo dopo il reddito di cittadinanza sta erogando tramite i Comuni 600 euro alle persone in difficoltà in questo periodo, ma certamente non basteranno e già si parla di reddito di emergenza. Con questi euro si pagherà qualche bolletta ma non potranno sostituire il lavoro. La distribuzione a pioggia di denaro (Helicopter money) va bene per l’emergenza, ma poi deve seguire un aiuto diverso, una fonte di reddito generata dal lavoro. Il lavoro fa parte della dignità dell’uomo ed è pure fondamento del nostro Paese.
Il Prof. Boero, già candidato presidente della Regione Piemonte per il Popolo della famiglia, propone che ogni Comune distribuisca denaro (proprio o del Governo), in cambio di prestazioni di lavoro delle persone disoccupate con un impegno minimo quotidiano di 5 ore (es.: dalle 8 alle 13).
Distribuire denaro che deriva dalle tasse in cambio di niente è grave, ed è anche umiliante e diseducativo per chi lo riceve.
Il lavoro in capo ai Comuni non manca: si può cominciare dalla cura dei giardini, delle aiole, della pulizia dei marciapiedi. Date una occhiata ai giardini: con la primavera le piante, incluse le infestanti, invadono ogni spazio, le siepi debordano… Si tratta di attività che non richiedono nessuna formazione particolare, basta la buona volontà. Le persone reclutate alle 7:30 del mattino innanzi al Comune possono affiancare gli attuali operatori per intensificare e accelerare le attività che ora sono svolte dal personale del Comune. Soprattutto nel caso della cura del verde urbano la principale strozzatura era la manodopera… Nel caso del verde, per fare un esempio, con un addetto del Comune si potrebbero affiancare due disoccupati per a curare una aiuola piena di infestanti, preparare semenzai, trapiantare fiori…
Le scuole sono deserte: niente di meglio per curare la manutenzione e la pulizia o la tinteggiatura delle pareti, dei corridoi dei servizi igienici. Pensiamo alle ragnatele sotto i portici, alle scritte che hanno deturpato le facciate di tantissime case della città…
Scuole e ospedali hanno spazi verdi che potrebbero essere curati e i cittadini vedrebbero ben spesi i soldi delle tasse. Se il Comune chiedesse un prestito (Citizen bond) ai cittadini per queste attività , riconoscendo con un tasso dell’1%, non farebbe fatica a finanziarsi!
Inoltre tra i dipendenti comunali ci sono agronomi che potrebbero badare al coordinamento di questo lavoro sul verde e ci sono anche architetti e ingegneri in grado di organizzare e guidare l’operazione straordinaria di manutenzione degli edifici della città. Anche le Università possono venire in aiuto, hanno tutte le competenze!
Infine, pure le Associazioni di volontariato e le Parrocchie ben distribuite sul territorio potrebbero essere coinvolte : sono anni che lavorano sul territorio con le famiglie più fragili (Es. San Vincenzo, Caritas…) e possono dosare meglio di chiunque altro le risorse di tutti.
L’istituto dei lavori socialmente utili va riscoperto e riutilizzato, ci vuole però una robusta volontà politica, per vincere la ineliminabile burocrazia e le giuste norme sulla sicurezza. Procedendo senza perdere tempo, i risultati non mancheranno.
Valter Boero
( Popolo della Famiglia-Torino1 “andare oltre”)